Fiori di Nicotiana tabacum, il parente coltivato del mapacho (Nicotiana rustica) nella mia campagna in Sicilia

Il mito di “maestro mapacho”

IL TABACCO COME PANACEA

Dopo la colonizzazione delle Americhe il tabacco, il parente coltivato del mapacho (Nicotiana rustica), si diffuse anche in Europa come una sorta di panacea. Ciò si doveva principalmente all’impressione che i nativi del Nuovo Mondo, che attribuivano al tabacco un enorme valore spirituale, sociale e medicinale, ebbero sui i marinai Spagnoli e di conseguenza sugli erboristi Europei.

I medici del XV e il XVI secolo utilizzavano ampiamente il tabacco come cura del raffreddore comune per via delle presunte proprietà “calde” e “secche” del fumo, una cosa paradossale considerando che secchezza ed infiammazione sono tutt’altro che utili in questo caso come in generale. Col termine latino “Caput pungia” si identificavano fumigazioni ed irrigazioni nasali volte a provocare degli starnuti col risultato di “pulire la testa”. Infine si adoperava come purgante gastrico ed emetico, quest’ultima applicazione è sicuramente valida ma poco ragionevole tenendo conto della tossicità della pianta e dell’esistenza di tante altre alternative più sicure [1].

Ovviamente ormai sono tutte pratiche obsolete nella medicina moderna, la nicotina si impiega esclusivamente nel trattamento della dipendenza dalla stessa anche se c’è da dire che il filone di ricerca relativo a malattie neurodegenerative, disturbi cognitivi e dolore acuto è molto promettente seppur ancora in fase preliminare [2].

Tuttavia, seguendo l’esportazione dell’ayahuasca e della medicina Amazzonica in Occidente, il mito del tabacco è tornato in auge più forte che mai.

Mi è capitato di sentire diversi entusiasti che con convinzione mi spiegavano come avessero espulso un tumore grazie al mapacho, di come sia la piantà “più sacra e benefica”, il “nonno delle piante maestre”. Già “piante maestre” è una chiara proiezione antropomorfa che sminuisce la reale natura e l’importante ruole ecologico della pianta in questione, se poi aggiungiamo anche i gradi di parentela diventa davvero ridicolo.

Ora come allora è l’ignoranza e l’impressionabilità superficiale del viaggiatore che va a scoprire nuove culture fermandosi alle prime luci luccicanti ad alimentare questo mito: tra la Caput Pungia e il Soplo, ovvero la fumigazione terapeutica diretta di un tumore o un altra affezione praticata dagli sciamani utilizzando il mapacho in Sud America, non c’è tanta differenza alla fine. Eppure ancora oggi dei privilegiati che hanno avuto la possibilità di leggere, studiare, viaggiare, etc. confluiscono nei centri di cura Sudamericani per sottoporsi a queste pratiche “miracolose” ritenute “pure” rispetto alla medicina evoluta della loro cultura. Sia ben chiaro che la mia critica qui non è rivolta ai nativi, ma all’ipocrisia e alla decadenza della nostra società.

Al di là delle false speranze e il rischio di rinunciare ad una terapia efficace valido per tutti i tipi di medicina alternativa, c’è da tenere in conto l’alta tossicità del tabacco che può essere letale nel caso di un dosaggio eccessivo. Ad esempio sono diverse le morti dei viaggiatori imputate all’ayahuasca che invece si devono a purghe ed infusioni mapacho che vengono impiegate per “purificare” il corpo prima della cerimonia. In genere gli stranieri non hanno la tolleranza alla nicotina dei nativi ed un eventuale overdose non è indulgente come l’ayahuasca o i funghi allucinogeni.

Inoltre, sebbene il mapacho venga usato presso tutte le popolazioni indigene, diversamente da altre specie amazzoniche, non abbiamo nessun dato concreto sulla reale efficacia e soprattutto sui casi di collaterali e tossicità dei dosaggi medicinali o enteogenici. In questo caso il rischio non è la cancerogenicità a lungo termine, ma l’eventualità di convulsioni e coma in acuto.

Nel caso del rapè, ovvero le varie snuff a base di mapacho in polvere, c’è anche da tenere in conto l’alto rischio di reazioni allergiche dovute alla composizione estremamente variabile e in genere molto complessa (ogni specifico ingrediente vegetale contiene diversi principi attivi, spesso anche sconosciuti), oltre al rischio igienico-sanitario dovuto all’inalazione di una polvere non controllata o sterilizzata.

Per fare un esempio: una donna Messicana di 40 anni è morta di shock anafilattico dopo che le era stato somministrata grosse quantità di rapè durante il picco di sessione di Bufo alvarius condotta da Ottavio Rettig, un sedicente guaritore ormai denunciato da buona parte della comunità psichedelica mondiale per la sua totale mancanza di etica e competenza.

CANCRO E STATISTICHE, UNA QUESTIONE CULTURALE?

Nel nuovo libro di Jeremy Narby “Plant teachers: Ayahuasca, tobacco, and the pursuit of knowledge”, un antropologo di cui avevo già parlato qui, viene menzionato il “problema” del tabacco, cioè, riportando le parole di Samorini che ha curato la prefazione in Italiano ,“Il problema riguarda l’incongruenza fra le proprietà visionarie e curative del tabacco per come sono riconosciute ed esperite presso le popolazioni tradizionali amerindie e in particolare dell’Amazzonia, e le proprietà cancerogene e tutt’altro che visionarie del tabacco per come sono riconosciute ed esperite presso le moderne popolazioni di cultura occidentale. ” https://www.samorini.it/…/sam/scritti-minori/sam-narby.pdf

Per me non c’è nessun enigma: le alterazioni visive ed uditive, gli effetti stimolanti e poi depressivi così come lo stupor tipico della trance sciamanica sono tutti sintomi ben noti delle dosi eccessive (eccessive per la nostra cultura e i nostri standard). Non è la molecola che è diventata addomesticata perdendo il suo potenzioale psicotropo, a determinate dosi anche la fredda nicotina sintetica induce effetti visionari o allucinogeni che a dir si voglia.

E’ ovvio che sia praticamente impossibile raggiungere questi outcome fumando le sigarette che hanno un contenuto di nicotina ridicolo e sono ricche di altre sostanze sicuramente più velenose come residui di pesticidi ed altri prodotti agricoli, oltre ai numerosi additivi che alterano non soltanto le qualità organolettiche del prodotto ma anche quelle farmacologiche (come riportato dagli stessi produttori ce ne sono oltre 600 diversi).

Se sommiamo questi contaminanti alle diverse modalità d’impiego (utilizzo meno frequente seppur in dosaggi più alti, altre vie di somministrazione come quella orale che escludono proprio i danni polmonari e), e soprattutto alle condizioni ambientali, alimentari ed al diverso stile di vita dei nativi, possiamo spiegare l’enorme differenza nell’incidenza del cancro rispetto a noi occidentali nonostante il consumo di tabacco in comune. Non si parla di un solo fattore di rischio, il cancro è una patologia multifattoriale.

Anche la mortalità prematura influisce drasticamente sul rischio oncologico: mentre nei paesi ricchi tumori, disturbi cardiovascolari e multifattoriali sono le prime cause di morte, nei posti meno sviluppati sono ancora infezioni e malnutrizione a fare la voce grossa. Non c’è neanche il tempo di invecchiare e farsi venire il cancro nella maggior parte dei casi.

Tra i Warao citati da Samorini nella prefazione per esempio la mortalità è altissima e, sebbene non sia sicuramente la causa principale, che è la mancanza di acqua pulita e condizioni igieniche adeguate, l’ingestione di sostanze tossiche e l’arretratezza della medicina locale non giovano sicuramente [3].

La convinzione che il tabacco faccia male non è soltanto “frutto dell’inconsapevolezza di noi occidentali”, ma segue una ricchissima letteratura tossicologica che non è specifica soltanto per le sigarette. Anche se per precisione bisognerebbe chiarire che è il fumo ad essere connesso al rischio oncologico, non l’ingestione orale o gli altri metodi d’assunzione.

Alle cellule dei polmoni poco frega dell’aspetto rituale o delle intenzioni del consumatore. Inoltre, anche in mancanza di un comparativo diretto, è chiaro che il fumo di tabacco (o anche di mapacho) sia più dannoso ad esempio della cannabis proprio per la presenza della nicotina che ha un’azione ciliotossica e non espettorante come il THC. Ci sono tante altre erbe più sicure da fumare.

Io sono un fumatore da più di 10 anni, nonostante ciò posso ancora essere competitivo dal punto di vista sportivo e credo di stare meglio di tanta gente che non fuma. Perchè sono un nativo Amazzonico? No, perchè ho tantissime altre buone abitudini che servono proprio a stemperare questo vizio evidentemente dannoso.

FONTI

1)Sanchez-Ramos, Juan R. “The rise and fall of tobacco as a botanical medicine.” Journal of Herbal Medicine 22 (2020): 100374.

2)Newhouse, Paul A. “Therapeutic applications of nicotinic stimulation: successes, failures, and future prospects.” Nicotine and Tobacco Research 21.3 (2019): 345-348.

3)Villalba, Julian A., et al. “Low child survival index in a multi-dimensionally poor Amerindian population in Venezuela.” PloS one 8.12 (2013): e85638.

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