
LA CARRUBA, CIOCCOLATO DEL MEDITERRANEO
Analisi filogenetiche suggeriscono che il carrubo si sia propagato da un singolo refugium isolato, probabilmente localizzato nelle colline dell’Alto Atlante vicino la costa atlantica. Si è quindi diffuso verso est seguendo le migrazioni storiche di Romani, Greci ed Arabi [1].
Gli antichi Egizi ricavavano una gomma dalla carruba che utilizzavano durante il processo di imbalsamazione delle mummie. Gli Arabi usavano i semi come unità di misura per l’oro.
Sebbene fosse un cibo comune nella dieta dagli antichi Greci e Romani, nel Medioevo veniva usata quasi esclusivamente come foraggio per gli animali e considerata un alimento povero da carestia. Solo nel XX secolo è stata rivalutata per le sue proprietà alimentari.
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I frutti vengono considerati oggi dei superfood per l’alto contenuto di fibre, zuccheri, polifenoli, flavonoidi, minerali, vitamine ed altri composti naturali bioattivi.
Il loro consumo è stato associato ad effetti benefici nei confronti di patologie cardiovascolari, gastrointestinali e metaboliche.
Dai baccelli è stato isolato il D-pinitolo, un agente antidiabetico ed antineoplastico attualmente sotto studio per diverse applicazioni [2].
Il galattomannano ottenuto dai semi viene invece impiegato come stabilizzante alimentare.
In Sicilia la carruba veniva definita in passato come “cioccolato dei poveri” per il sapore vagamente simile una volta tostata.
Aveva anche un ruolo nel folklore locale: le giovani donne mettevano un rametto di foglie sotto il cuscino prima del sonno per sognare il “futuro marito”.
Le nostre carrube sono state raccolte a mano da un singolo albero centenario ed essiccate a bassa temperatura, senza altri trattamenti.
Basta confrontarne l’aroma con quello delle carrube o delle polveri in vendita nei normali negozi, è talmente forte e penetrante che potrebbe dare fastidio a chi è abituato all’altro prodotto che viene solitamente essiccato ad alte temperature o proprio tostato. Per contro devono essere conservate bene perchè possono andare facilmente a male.
FONTI