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Un albero che “sanguina” una volta inciso producendo una copiosa linfa rossa, insieme ai semi di Anadenanthera è l’ingrediente principale di diverse snuff e preparati allucinogeni amazzonici.

Nella corteccia sono stati identificati 5-MeO-DMT, DMT e bassi livelli di betacarboline; le snuff prodotte con la linfa mostrano una simile composizione chimica ma concentrazioni superiori di 60-200 volte.

L’ESTRAZIONE DEGLI ALCALOIDI E’ UN ATTO ILLEGALE: IL PRODOTTO NON VA CONSUMATO IN NESSUN MODO, PUO ESSERE USATO SOLO COME INCENSO O CAMPIONE BOTANICO.

8.50
forma Intera Tritata In polvere
quantita 50g 250g
Azzera selezione
Confronta

Descrizione

INFORMAZIONI SULL’USO STORICO NELLA MEDICINA SCIAMANICA SUDAMERICANA (NON COSTITUISCONO POSOLOGIA)

PARTE USATA: corteccia

-decotta\ 30-100g
-tintura 1:1\ 30-70ml
-fumata o vaporizzata (200-220C°)(in seguito ad estrazione e freebasing)

La corteccia di Virola thediora contiene diverse triptamine allucinogene, principalmente 5-MeO-DMT e DMT, oltre a bassi livelli di betacarboline dalle proprietà MAO-I.

Le snuff amazzoniche a base di linfa cambiale hanno mostrato una simile composizione chimica ma concentrazioni di circa 60-200 maggiori.

Negli incensi viene combinata con mapacho, ruta siriana e yopo.

L’epena contiene principalmente 5-Meo-DMT.

Le concentrazioni della corteccia non sono molto alte, da estrazioni recenti pubblicate su erowid risulta circa lo 0,05% di 5-Meo-DMT (una triptamina allucinogena estrrememente potente): la maggior parte dei tantativi psiconautici di estrarre ed isolare il composto sono stati degli insuccessi.

Le tribù amazzoniche aggiungono la corteccia all’ayahuasca, la combinazione con i MAO-I infatti aumenta notevolmente i sintomi dell’intossicazione.

La linfa raschiata dallo strato cambiale viene essiccata, polverizzata ed inalata sotto forma di snuff allucinogena da sola o mischiata a rapè ed altre piante locali. Alle volte viene anche fumata.

Medicina convenzionale
Le proprietà sedative [22], antiossidanti [23], gastroprotettive [23] ed antiulcera [23] dell’epena sono supportate dalla ricerca scientifica.

E’ praticamente sconosciuta nel mondo occidentale.

 

Medicina alternativa
Viene impiegata da diverse tribù amazzoniche localmente per il trattamento di stomatiti, irritazioni genitali, candida ed altre micosi.

Sembra anche che una specie di Virola non identifica sia stata usata internamente come contraccettivo.

Decotto ayahuasca
-(Opzionale) Congelare un giorno prima il materiale inumidito con acqua distillata molto acida (1 cucchiaio d’aceto/100ml) per indebolire le pareti cellulari.
-Mischiare l’epena (opzionale)in polvere (tradizionalmente viene sfilacciata con un martello) con un volume di acqua (opzionale)distillata molto acida (1-2 cucchiai d’aceto/l) di 4 volte superiore alla pianta in una pentola.
-Portare quasi all’ebollizione e mescolare costantemente la mistura fino a 1 ora e mezza per un risultato ottimale, aggiungere ulteriore acqua in base ai tempi d’evaporazione al fine di mantenere i solidi sempre ben coperti.
-I residui vengono filtrati e spesso riusati per altre 2 cotture
-I liquidi risultanti vengono combinati e ridotti fino alla quantità di bevanda desiderata. Più vengono ridotti, più si intensifica il sapore. Possono essere necessarie parecchie ore per questa fase, si consiglia di mantenere il calore basso per non caramellare gli zuccheri.
-(Opzionale) Si può anche ridurre il contenuto d’acqua del prodotto fino ad ottenere un residuo solido appiccicoso.

Tintura
-(Opzionale) Congelare un giorno prima il materiale inumidito con acqua distillata molto acida (1 cucchiaio d’aceto/100ml) ed una spruzzatina d’etanolo.
-Mettere l’epena (opzionale)in polvere in un barattolo sigillabile e aggiungere alcol al 70%.
-Scuotere vigorosamente quanto più spesso (almeno 1 volta al giorno) e lasciare a riposo fino a 3 settimane
-Filtrare e scartare i solidi
-Evaporare l’alcol fino alla gradazione desiderata, si può anche eliminare tutta la parte liquida per ottenere un residuo solido

Estratto grezzo freebasato
-Mischiare l’epena in polvere con 1/3 di calce edibile e farne una pasta inumidendola con qualche goccia (non deve essere bagnata, solo appena umida) di acqua (opzionale)distillata.
-Essiccare la pasta nel forno sotto i 100 C°, quindi polverizzarla con un pestello o altro.
-Mettere la polvere in un barattolo sigillabile con il doppio del suo volume in alcol al 96% e lasciare in infusione un paio di giorni scuotendolo quando possibile (almeno 1 volta al giorno).
-Filtrare i solidi, mettere da parte il liquido filtrato.
-Ripetere altre due volte l’infusione alcolica con del nuovo solvente.
-Unire le soluzioni alcoliche filtrate in una teglia e far evaporare con l’ausilio di una ventola o usando il forno a bassa temperatura.
-Raschiare l’estratto freebasato risultante.

Descrizione:
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Magnoliales
Famiglia: Myristicaceae
Genere: Virola
Specie: V. theiodora
Nativo: Nord America
Plant Hardiness Zone: 10-12
La virola rossa (Virola thediora) è un alberello della famiglia della noce moscata che cresce fino a 30m d’altezza.
Il tronco raggiunge un diametro di 43cm circa ed è coperto da una corteccia liscia di colore grigio e marrone.
Il frutto di forma ellipsoidale o subglobulare ha un diametro di circa 10-15 cm.

Coltivazione:
I semi germinano molto facilmente, è un pianta molto facile da coltivare:
-Mettere i semi in frigo per una settimana, ma potrebbero volercene anche due per la germinazione; quindi piantati in vasetti con un po di terriccio.
-Mantenere umido il terriccio fino al quando non spuntano le prime foglioline.
-Trapiantare i semi in primavera, in un terreno fertile e ben drenante. Preferisce mezza giornata d’esposizione solare.
-Dipende dal grado di drenaggio e dal clima, ma bisognerebbe innaffiare le piantine circa tre volte alla settimana in estate.
-La raccolta avviene di solito a circa 120 giorni dalla semina.

Ci sono circa 40 specie nel genere Virola, il legname di questi arbusti tende a diventare rossastro dopo la raccolta.
Quasi tutte, se non tutte, secernono un essudato rosso denso una volta che la corteccia interna viene incisa o rimossa.

La specie più comune ed estensivamente impiegata è la thediora o elongata che cresce in Panama, Guaiana, Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador e Perù.
Gli autori sono discordi a riguardo: alcuni le considerano specie distinte, altri le identificano con una terza specie, la cuspidata.
Il monografo tassonomico più recente riporta thediora, elongata, cuspidata, rufula e calophilla come sinonimi [1].

USO MEDICINALE
Nell’herbarium dell’Istituto Botanico a Caracas in Venezuela è custodito un campione di Virola thediora dove è stata annotata l’applicazione nel trattamento delle ulcere aftose.
La droga è stata prelevata dal Delta dell’Orinico, si ipotizza che questa informazione provenga dalla medicina tradizionale dei nativi Warao.

I Tirios del Suriname sud-occidentale applicano la resina rossa su afte e micosi epidermiche; i Wayana la usano localmente per trattare le irritazioni genitali [2].

Nella Guaina l’essudato di diverse specie di Virola viene impiegato contro candidasi e cataratta [3], queste applicazioni erano già state riportate nel 1775 dal botanico francese Aublet.

Sembra anche che una specie di Virola non identifica sia stata usata come contraccettivo dalle tribù del Rio Negro, ma non si hanno notizie sulla parte impiegata e la sua eventuale preparazione [4].
McKenna riporta che la corteccia di un’altra specie non identificata viene fumata insieme al tabacco dagli stregoni brasiliani [5].

VELENO
Il primo a documentare l’uso del lattice di virola nelle attività venatorie è stato l’italiano Biocca che aveva acquisito l’informazione da un gruppo Yanomamö del Rio Cauaburí [4].
La thediora in particolare viene utilizzata da un gruppo waika dell’area del Rio Totobí.

I nativi intingono più volte le punte nella resina collocata a strati facilitando il procedimento con un gentile riscaldamento sul fumo del fuoco.

Affermano che l’azione del veleno di Virola è molto lenta e costringe il cacciatore ad un lungo inseguimento [6].
Al contrario Lizot riporta che solo la prima freccia sortisce un effetto sull’animale, altri colpi sarebbero inutili [7].

Gli italiani Galeffi et al. analizzarono un campione del veleno usato dagli Yanomamo rivelando un alta concentrazione di 5-MeO-DMT e l’assenza di sostanze direttamente tossiche [8].
Si ipotizza che il composto causi qualche disturbo nel comportamento dell’animale rendendone più facile la cattura.

SNUFF ALLUCINOGENA
Fino agli anni ’50 si pensava che fossero i semi di l’Anadenanthera gli ingredienti unici delle snuff allucinogene amazzoniche e che venissero impiegati anche nelle zone dove la pianta non cresceva [9].
La scoperta della resina di virola ha rivoluzionato questa visione e aperto la strada allo studio di altre Myristicaceae allucinogene diffuse in Amazzonia.

Le snuff vengono chiamate dalle varie tribù con diversi nomi: tyá-kee, yá-to e paricá in Colombia; epéna, ebene, paricá e nyakwána in Brasile; cumala in Perù; camaticaro, cedrillo, cuajo in Venezuela [10].
Questi nomi sono poco indicativi: parica può anche riferirsi all’Adenanthera e epéna o ebene viene usato come termine generale per snuff indipendentemente dalla composizione botanica.

I Tukano credono che la snuff sia stata acquisita direttamente dai testicoli del dio Sole che si era ferito accoppiandosi con la figlia.
Infatti conservano la polvere in contenitori chiamati muhipu-nuri, “pene del sole”. L’assunzione della resina permette ai nativi di entrar in contatto con Viho-mahse, “l’uomo snuff”, che vive nella Via Lattea [11].

Preparazione
Un primo report del 1938 aveva suggerito che fossero le foglie ad essere impiegate per la produzione della snuff [12], Schultes ha poi attenzionato l’essudato prima chiaro e liquido e poi rosso e denso [6].
Tuttavia si è visto che la droga era costituita in realtà dalla linfa dello strato cambiale appena al di sotto della corteccia.
Solo i nativi Paumarl dell’Amazzonia centrale usano tutta la corteccia [13].

Schultes descrive nel dettaglio la preparazione presso i Puinave: la corteccia viene raccolta durante le prime ore del mattino prima che il sole abbia toccato il tronco, altrimenti viene pregiudicata la quantità e la potenza del lattice.
I fasci vengono lasciati a mollo in acqua per circa mezz’ora, quindi si raschia l’essudato coagulato sullo strato interno con un coltello.
Il materiale raccolto viene messo in un pentola, poi impastato e pressato con una piccola quantità d’acqua che diventa subito torbida e fangosa.
La soluzione viene filtrata diverse volte quindi viene aggiunta ulteriore acqua fino a riempire la pentola che viene poi messa a cuocere a fuoco lento per 3-4 ore.
Durante la cottura si forma una schiuma sulla superficie della soluzione che viene sistematicamente rimossa con un pezzo di corteccia.
Alla fine rimane uno sciroppo bruno molto denso che viene essiccato e ridotto ad una polvere rossa.

Diverse tribù della Colombia mischiano la polvere di Virola con delle ceneri vegetali come quelle ottenute dalla corteccia del cacao selvatico (Theobroma bicolor e subincanum) [14].
Tra gli Yanomami del rio Tototobi una porzione della resina viene carbonizzata durante l’ebollizione, quindi polverizzata a parte e miscelata con la parte buona in un secondo momento.
Le basi servono probabilmente a facilitare essiccazione e conservazione, oltre a rendere gli alcaloidi più biodisponibili.

Le tribù stanziate attorno all’Orinoco invece fanno a fette sottili lo strato cambiale tra tronco e corteccia, quindi le essiccano lentamente vicino ad un fuoco.
In questo modo le possono conservare per i periodi di penuria: prima dell’uso le reidratano facendole bollire per qualche ora quindi filtrano il liquido e lo riducono ad uno sciroppo denso. Questo viene seccato ulteriormente, quindi polverizzato e setacciato.
La polvere viene miscelata insieme ad una stessa quantità di foglie di Justicia pectoralis var. stenophylla.
Infine aggiungono le ceneri della corteccia di Elizabetha princeps.

Presso altri gruppi Waika invece l’albero viene direttamente abbattuto e le fasce della corteccia poste su un fuoco con la parte esterna rivolta verso le fiamme.
Il calore provoca la fuoriuscita copiosa del lattice che viene raccolto a più riprese, quindi riscaldato a fuoco lento.
Ne risulta una densa spessa di colore rosso ambra, che viene impiegata direttamente senza altri ingredienti [6].

I Sanama, un altro sottogruppo stanziato nel territorio di Roraima in Brasile, raschiano la resina dalla corteccia con l’ausilio di punte di freccia che vengono conservate in un contenitore di bambù.
Le punte infuse vengono utilizzate sia nelle attività venatorie che per ricavarne la snuff allucinogena [15].

Effetti e posologia
Gli effetti d’assunzione della resina tra gli indigeni sono variabili ma in genere induce all’inizio euforia, quindi intorpidimento degli arti, contrazioni spontanee dei muscoli facciali, perdita della coordinazione motoria, nausea, allucinazioni caratterizzate spesso da macroscopia ed infine un lungo sonno irrequieto [16].
Il fenomeno della macroscopia potrebbe essere connesso alle credenze Waika sugli spiriti giganti, hekulas, che vivono negli alberi di Virola ed interferiscono nelle faccende umane [17].

I nativi Waika considerano i dosaggi eccessivi pericolosi e in genere si limitano ad inalare 2 cucchiaini da caffè di polvere, uno per ciascuna narice.
L’intossicazione risultante dura circa 1 ora. Generalmente viene riservata esclusivamente agli sciamani [18].
Solo nella parte più nord-occidentale del Brasile viene assunta da tutto il villeggio sopra i 13-14 anni d’età. In alcune cerimonie viene addirittura consumata costantemente per 2-3 giorni in quantità estremamente alte [11].
A Schultes viene riferito della morte di un curandero Purnave causata da un dosaggio eccessivo di snuff [19].

Quasi tutte le tribù la impiegano per via inalatoria, ma in misura minore viene anche fumata o assunta oralmente.
Ad esempio i nativi Bora e Witoto del bacino amazzonico colombiano la comprimono in pellet da ingoiare o disciogliere in acqua.
Anche i Muiname localizzati attorno a Leticia assumono queste palline oralmente, ma previo mescolamento con delle ceneri vegetali [20].
Sono riportate anche altre admixture utilizzate per i preparati orali come un lichene bianco crostoso non identificato che cresce sulla corteccia della Rinora racemosa; le foglie inumidite di una felce (Anemia sp.) e gli steli spezzati di Philodendron nervosum [21].

Mckenna analizzò diversi campioni di resina amazzonica tra cui un preparato orale prelevato a la Chorrera in Colombia nel 1971, sei provenienti dai villagi Witoto e Bora del Rio Ampiyacu in Peru, quattro dagli Yanomama del Venezuela.
Non c’erano alcaloidi tra le varie admixture, ma il campione etichettato come “mashahara + buhenak”, probabilmente una o più varietà di Justicia pectoralis var. stenophylla, conteneva umbelliferone ed altri derivati cumarinici benzopiranici.

Il più ricco era il campione Yanomami “yakuana-sagona” arrivando a 19,7 mg di 5-MeO-DMT per grammo, sicuramente si trattava del prodotto finito e avrebbe potuto includere una o più admixture.
In genere le snuff analizzate sono risultate 60-200 volte più concentrate rispetto alle fonti naturali.

L’impiego orale lascia supporre che siano presenti dei composti MAO-Inibitori nella virola o nelle varie admixture, tuttavia i livelli di betacarbolina rilevati nei campioni non erano sufficienti.
Infatti tra i preparati orali solo il campione a base di Virola elongata raccolto da Flores, il più ricco in 5-Meo-DMT, è risultato attivo.

A 10m dall’ingestione orale di 1,5-2g di questa resina D. McKenna percepisce una forte sensazione bruciante in bocca e gola che si trasformò velocemente in intorpidimento rendendo difficile respiro e deglutizione.
La sensazione si diffuse progressivamente in tutto il corpo scatenando dei formicolii alle estremità. McKenna si sentiva congelato dal freddo, non riusciva a muoversi per via dell’estremo bodyload e il suo respiro era irregolare e debole.
Riportò un notevole aumento dell’acutezza uditiva, ma nessun altra alterazione percettiva.
Dopo 45m i sintomi scomparvero progressivamente lasciando il posto ad una forte sonnolenza cui seguì un leggero riposo di 15m.
Rimase solo il freddo intenso che durò per il resto del pomeriggio.
In resoconti successivi altri soggetti paragonarono l’effetto orale della resina più ad un ammina pressoria o ad un anestetico generale che non ad un allucinogeno [21].

Gli effetti diversi potrebbero essere spiegati dalla presenza di altri composti oltre alle triptamine allucinogine nelle admixture o nella Virola stessa.
Dalla corteccia di thediora sono infatti stati identificati anche diversi lignani che, somministrati nei topo per via intraperitoneale ha ridotto l’aggressività da isolamento e la locomozione spontanea [22].
Non è ancora chiaro se siano questi composti i responsabili degli effetti orali delle resine.

Un altra alternativa potrebbe per esempio essere data dall’azione dei composti fenolici che renderebbero meno disponibile l’ossigeno molecolare come cosubstrato per l’enzima microsomiale che catalizza l’ossidazione e l’idrolazione di DMT ed altre triptamine allucinogene o da una diretta inibizione dell’enzima epatico microsomiale ossidasi a funzione mista (MFO).
Gli effetti diversi dai classici psichedelici potrebbero essere spiegati dalla particolare assunzione orale del 5-MeO-DMT su cui si sa ben poco.

GASTROPROTETTIVO
C’è solo uno studio farmacologico sulla thediora, la specie più studiata da questo punto di vista è la surinamensis.
Un estratto idroalcolico di corteccia di Virola thediora ha mostrato significativi effetti gastroprotettivi ed antiulcera probabilmente dovuti all’alto contenuto di flavonoidi [23].

Le varie analisi effettuate sulla corteccia di Virola thediora hanno dato risultati molto variabili, ma si è visto che questa specie sviluppa alcaloidi in tutte le sue parti.

-Da un campione di corteccia prelevato da Schultes in Brasile risulta lo 0,25% di alcaloidi totali di cui 52% DMT, 43% 5-MeO-DMT, 4% 6-MeO-THC, 1% MMT. In altri campioni era stata identificata anche NMT e la betacarbolina 5-MeO-THC.

Inoltre contiene lignani bis-tetraidrofuranici (episesartemina, sesartemina, epiyangabina e yangabina) [22] e composti fenolici (catechina, rutina, acido quinico e gallico) [23].

-I fiori, provenienti sempre da Manaus, arrivavano allo 0,47% di alcaloidi di cui 93% DMT e 7% NMT.

-Nelle radici e nelle foglie sono state trovate piccole quantità di DMT, 5-MeO-DMT e 5-MeO-NMT.

-Le snuff hanno mostrato una composizione chimica simile alla corteccia ma con una concentrazione pari a circa 60-200 volte, una resina particolarmente potente proveniente dai villaggi Waika del Rio Tototobi arrivava all’11% di alcaloidi totali di cui 8% 5-MeO-DMT e 3% DMT [24].
Altri campioni hanno mostrato anche la presenza di bufotenina ma probabilmente contenevano anche i semi di Anadenanthera.

1)Rodrigues, William Antônio. “Revisão taxonômica das espécies de Virola Aublet (Myristicaceae) do Brasil.” Acta Amazonica 10.1 (1980): 3-127.

2)Plotkin, Mark J., and Richard Evans Schultes. “Virola: A Promising Genus for Enthnopharmacological Investigation.” Journal of psychoactive drugs 22.3 (1990): 357-361.

3)Wood, B. R. “Forest Products of British Guiana. Part II: Minor Forest Products.(Forestry Bulletin No. 2 (new series)).” (1950): 68-69.

4)Biocca, Ettore. “Viaggi tra gli Indi Alto Rio Negro-Alto Orinoco, vol 2.” Roma. Consiglio Nazionale delle Ricerche (1966).

5)McKenna, Dennis J., GH Neil Towers, and F. Abbott. “Monoamine oxidase inhibitors in South American hallucinogenic plants: tryptamine and β-carboline constituents of ayahuasca.” Journal of ethnopharmacology 10.2 (1984): 195-223.

6)Schultes, Richard Evans, and Bo Holmstedt. “De plantis toxicariis e mundo novo tropicale commentationes II: The vegetal ingredients of the myristicaceous snuffs of the northwest Amazon.” Rhodora 70.781 (1968): 113-160.

7)Lizot, Jacques. “POISONS YANOMANII DE CHASSE, DE GUERRE ET DE PECHE.” (1972).

8)Galeffi, C., Irene Messana, and GB Marini Bettolo. “N, N-dimethyl-5-methoxytryptamine, a component of a dart poison of the Yanoama Indians.” Journal of natural products 46.4 (1983): 586-587.

9)Cooper, John Montgomery. Stimulants and narcotics. 1949.

10)Seitz, George J. “Epena, the intoxicating snuff powder of the Waika Indians and the Tucano medicine man, Agostino.” Ethnopharmacologic Search for Psychoactive Drugs (Eds., B. Holmstedt and NS Kline), Public Health Service Publication 1645 (1967): 315-338.

11)Schultes, Richard Evans, and A. Hofmann. “Plants of the Gods: Their Sacred, Healing, and Hallucinogenic Powers.” (1992).

12)Ducke, A. “Plantes nouvelles.” Arch. Inst. Biol. Veg 4.1 (1938): 5.

13)Prance, Ghillean T., David G. Campbell, and Bruce W. Nelson. “The ethnobotany of the Paumarí Indians.” Economic Botany 31.2 (1977): 129-139.

14)Schultes, Richard Evans. “A new narcotic snuff from the northwest Amazon.” Botanical Museum Leaflets, Harvard University 16.9 (1954): 241-260.

15)Prance, Ghillean T. “Notes on the use of plant hallucinogens in Amazonian Brazil.” Economic Botany 24.1 (1970): 62-68.

16)Schultes, Richard Evans. “DE PLANTIS TOXICARIIS E MUNDO NOVO TROPICALE COMMENTATIONES XXVI: ETHNOPHARMACOLOGICAL NOTES ON THE FLORA OF NORTHWESTERN SOUTH AMERICA.” Botanical Museum Leaflets, Harvard University 28.1 (1980): 1-45.

17)Schultes, Richard Evans, and Elmer W. Smith. Hallucinogenic plants. Vol. 35. New York: Golden Press, 1976.

18)Seitz, Georg J. Einige Bemerkungen zur Anwendung und Wirkungsweise des Epena-Schnupfpulvers der Waika-Indianer. Elander, 1965.

19)Schultes, Richard Evans. “The botanical origins of South American snuffs.” Ethnopharmacologic Search for Psychoactive Drugs. US Department of Health, Education, and Welfare, Public Health Service Publication 1645 (1967): 291-306.

20)Schultes, Richard Evans, and Tony Swain. “De plantis toxicariis e Mundo Novo tropicale commentationes XIII. Further notes on Virola as an orally administered hallucinogen.” Journal of Psychedelic Drugs 8.4 (1976): 317-324.

21)McKenna, Dennis J., GH Neil Towers, and F. S. Abbott. “Monoamine oxidase inhibitors in South American hallucinogenic plants Part 2: Constituents of orally-active Myristicaceous hallucinogens.” Journal of Ethnopharmacology 12.2 (1984): 179-211.

22)Macre, W. Donald, and GH Neil Towers. “An ethnopharmacological examination of Virola elongata bark: A South American arrow poison.” Journal of ethnopharmacology 12.1 (1984): 75-92.

23)de Almeida, Guilherme Vieira Botelho, et al. “Chemical characterization and evaluation of gastric antiulcer properties of the hydroethanolic extract of the stem bark of Virola elongata (Benth.) Warb.” Journal of ethnopharmacology 231 (2019): 113-124.

24)Agurell, Stig, et al. “Alkaloids in certain species of Virola and other South American plants of ethnopharmacologic interest.” Acta chemíca scandinavíca 23.3 (1969): 903-16.

L’interazione con i MAO-I potenzia notevolmente i sintomi dell’intossicazione.

 

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