La ruta fu menzionata per la prima volta col nome di πήγανον ἄγριον da Dioscoride il Greco che distinse due forme: una coltivata commestibile identificabile nella Ruta graveolens e una selvatica inedibile, il Peganum harmala. Lo scienziato bizantino Simeone Setto scrisse che che il Peganum ha proprietà calorifere e disidratanti più forti dell’altra specie [Andrews, Alfred C. “The Use of Rue as a Spice by the Greeks and Romans.”
The Classical Journal 43.6 (1948): 371-373.].
In Iran il Peganum harmala ha una lunghissima tradizione a scopo rituale. Wendy Doniger, un’indologa statunitense, ha identificato la pianta con il sauma, la leggendaria pianta della lungua proto-indoiranica da cui poi sono derivati haoma in Lingua avestica e soma in Vedico. A supporto della sua tesi possiamo notare ampia disponibilità geografica, continuità etnobotanica tra tutte le genti dell’Iran e persistenza dei relativi rituali. L’haoma originale, allucinogeno, potrebbe essere stato un estratto di Ephedra e Peganum, quest’ultimo poi sostituito in seguito dal frutto del melograno che ha una certa somiglianza con la capsula della ruta ma non ha effetti psicotropi [Gnoli, Gherardo. “Haoma and Harmaline. The Botanical Identity of the Indo-Iranian Sacred Hallucinogen’Soma’and its Legacy in Religion, Language and Middle Eastern Folklore, Near Eastern Studies, Vol. 21.” (1989): 320-324.]. Il Soma allo stesso modo sarebbe diventato in tempi successivi il Somalata, ovvero Sarcostemma acidum, una pianta spontanea indiana priva di proprietà visionarie consumata ancora oggi nei rituali dei bramini Śrauta [Karayil, Sudha, and K. Veeraiah. “Phytochemical analysis of Ceropegia juncea (Roxb.): Traditionally used Medicinal plant.” International Journal of Innovative Research and Development 3.4 (2014).].
In Marocco i semi vengono assunti come allucinogeni, antidepressivi e supporto per i disturbi nervosi. Vengono poverizzati o infusi per nel trattare di ipertensione e disturbi cardiovascolari, il decotto ed il macerato vengono indicati anche nella cura di tumori sottocutanei, patologie della pelle, calvizie, dolori reumatici, parassiti, diabete, asma, febbre, diarrea, disturbi e coliche intestinali. Vantano una lunga tradizione come abortificenti e stimolatori del flusso mestruale, gli si attribuiscono inoltre proprietà magiche.
In Giordania i semi di ruta vengono lodati come narcotici, analgesici, detossificatori del sangue e rimedio per l’impotenza [Abu-Irmaileh, Barakat E., and Fatma U. Afifi. “Herbal medicine in Jordan with special emphasis on commonly used herbs.” Journal of ethnopharmacology 89.2-3 (2003): 193-197.].
In Tunisia si è soliti mettere i piedi a mollo nel decotto fatto con la pianta fresca per attenuare i dolori reumatici, i semi in polvere vengono mischiati al miele ed assunti oralmente per stimolare la minzione in caso di anuria e disuria o alleviare il mal di schiena. La pianta intera essiccata e polverizzata viene applicata sugli occhi per trattare congiuntivite, blefarite ed eczema, col decotto si fanno gargarismi come antinfiammatorio per la mucosa orale.
In Italia i semi sono stati impiegati nel trattamento della malattia di Parkinson [Leporatti, Maria Lucia, and Kamel Ghedira. “Comparative analysis of medicinal plants used in traditional medicine in Italy and Tunisia.” Journal of ethnobiology and ethnomedicine 5.1 (2009): 1-8.].
Ha una lunga tradizione medicinale in Medio Oriente: veniva tradizionalmente usata contro emicranie, malattie sessuali, epidemiche, come abortificente ed emmenagogo; si credeva anche che elimasse il malocchio e liberasse i posseduti.
Si dice che nell’Himalaya gli sciamani inalassero il fumo dei semi di ruta siriana per raggiungere uno stato di coscienza superiore, caratterizzato dal contatto con le fate; in questo modo acquisivano informazioni preziose e purificavano lo spirito.
Il fumo si sparge nelle case ancora oggi fra alcune popolazioni come portafortuna.
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