ORIGINI DELLA RICETTA AYAHUASCA

Identificare la ricetta tradizionale originale dell’ayahuasca nella combinazione dei decotti di Banisteriopsis caapi e Psychotria viridis è un errore, alcune tribù utilizzano piante diverse: i Matsigenka evitano P. viridis considerandola “cattiva” ed usano un altra specie di Psychotria ancora non identificata [6], i Waorani dell’Ecuador si servivano della sola Banisteriopsis muricata (che dovrebbe contenere MAO-I nella liana e triptamine nelle foglie) senza admixture fino al contatto recente con i coloni Quechua [7], sono anche stati trovati decotti contenenti soltanto betacarboline [8].

In base ad una ricerca recente le ricetta odierna si è evoluta nel corso di innumerevoli esperimenti che miravano alla ricerca di una sinergia tra le diverse componenti farmacologiche in particolar modo betacarboline e triptamine. Gli ingredienti di queste combinazioni variavano in base alla disponibilità locale delle piante, i metodi di somministrazione in base alla preferenza culturale specifica: sono stati registrate circa un centinaio di specie appartanenti a 4 famiglie botaniche diverse.
Diversi preparati come il vinho de jurema, yaraque, vino de cebil e le varie chicha allucinogene contano su dati etnografici antecedenti all’ayahuasca che viene menzionata soltanto in documenti relativamente recenti posteriori alla conquista Spagnola [9].

LA PURGA
Le betacarboline di cui sono particolarmente ricchi i decotti ayahuasca tradizionali hanno proprietà antiparassitarie oltre che emetiche e sono particolarmente utili in Amazzonia dove i parassiti intestinali sono molto comuni.
Durante l’esperienza è molto comune il vomito spesso accompagnato da diarrea a cui vengono generalmente attribuite funzionalità importanti per la “purificazione” del paziente, i soggetti riportano che dopo questi momenti di nausea e disagio fisico seguano le visioni più potenti e significative.
Un pubblicazione apparsa su Social Science & Medicine raccoglie la testimonianza di 227 tra terapeuti e partecipanti alla cerimonie con ayahuasca, quasi tutti lodano le proprietà del vomito definendolo fondamentale per la cura del paziente.

Gli autori, un antropologo ed un sociologo, speculano che il vomito indotto dall’ayahuasca possa alterare il microbioma intestinale o modulare in qualche modo le strutture che lo collegano al cervello in modo da avere un outcome positivo sulla salute mentale del paziente [10].
A proposito del microbioma non c’è nulla di positivo sul vomito, piuttosto, com’è ben noto, è l’assunzione e la digestione dei cibi ad influenzarne profondamente il profilo. A tal riguardo è in corso una ricerca volta ad investigare gli effetti del consumo di ayahuasca (sicuramente in un modello cronico anche se non esplicitamente dichiarato) sul microbioma intestinale dei veterani affetti da disturbo da stress post-traumatico [11].
Un altro meccanismo che viene tirato in ballo è la stimolazione vagale che viene effettivamente indotta dall’ayahuasca (in particolar modo dai MAO-I che provocano l’aumento centrale dei livelli di serotonina) e gode di buone evidenze positive anche in campo psichiatrico. Ma non è il vomito a provocare quest’attivazione, è soltanto un riflesso collaterale che segue e non ha nulla a che vedere con i potenziali benefici [12].

C’è da considerare a mio avviso che la nausea agisce su tutti come un elemento di disturbo ed anche malessere, il vomito eliminandola da sollievo all’utente che riesce finalmente ad vivere l’esperienza senza distrazioni negative. E’ normale collegare questo sollievo fisico ad una sensazione di purificazione anche mentale, a maggior ragione sotto l’effetto di un catalizzatore potente come l’ayahuasca. Qualsiasi elemento negativo influenza profondamente l’esperienza, si veda l’importanza di set e setting. La nausea può essere considerata una sorta di set ma anche setting per alcuni aspetti.

Bisogna poi distinguere l’emesi serotoninergica da quella indotta dalla mole indigesta di tannini ed altri composti inerti presenti nel decotto che tradizionalmente viene cotto a lungo a fuoco vivo e filtrato grossolanamente. In questo caso a scatenare la nausea è l’irritazione diretta della mucusa gastrica che ne provoca lo svuotamento per difesa.
A mio avviso la gravità della nausea e la presenza o l’intensità del vomito dipendono molto dall’alimentazione consolidata del soggetto (non dalla sua psiche), anche se prima della sessione ha fatto cautela o ha digiunato, e soprattutto dalla purezza e dalla qualità chimica del decotto.

Una ricerca del 2022 ha analizzato diversi campioni di ayahuasca rilevando che il principale componente fosse il fruttosio. La cosa torna considerando quanto queste piante e soprattutto il Banisteriopsis siano ricche di zuccheri. Un campione aveva una concentrazione di fruttosio di 33g/50ml che spiegherebbe benissimo la nausea risultante dal consumo, oltre a costituire un potenziale rischio per un diabetico [13].
Triptamine ed armala saranno anche emetiche ma è il resto che spinge al vomito nella stragrande maggioranza dei casi.

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