Kava: una pianta pericolosa?

Nel corso degli anni è stata bandita in diversi paesi a causa di un buon numeri di casi di epatossicità direttamente connessi al consumo della pianta e soprattutto degli estratti.
Si suppone che i principale composti responsabili siano due: flavokavaina B e pipermetistina.

La pipermetisina è un alcaloide e si trova solo nella parte aerea.
E’ probabile che qualche compagnia senza scrupoli avesse usato la pianta intera per questioni economiche, d’altronde in alcuni studi un estratto di foglie è risultato più potente della radice sui recettori delle benzodiazepine, oppioidi, dell’istamina e della serotonina nonostante il basso contenuto di kavalattoni [1].
L’unico problema è che la pipermetistina causa gravi danni epatici attraverso la compromissione della funzione mitocondriale.
Da studi in vitro si è visto che può uccidere il 90% degli epatociti umani alla dose di 100 μM, mentre nessuno dei kavalattoni anche somministrato cronicamente alla stessa dose per 8 giorni li può danneggiare [2].
Già le scaglie del fusto, principale materia prima della stragrande maggioranza degli estratti di kava presenti sul mercato, hanno un contenuto di alcaloidi superiore alla radice che potrebbe influire sull’insorgenza di disturbi epatici [3].

Le flavokavaine sono calconi citotossici.
A e C non sembrano particolarmente pericolosi, la A è stata testata sui topi risultando sicura come additivi alimentare entro determinate concentrazioni [4].
Tuttavia la B è una potente tossina epatica: causa la deplezione delle riserve di glutatione sconvolgendo l’equilibrio ossidativo del fegato.
In più blocca l’attivazione del complesso proteico NF‐κB indotta dal TNF‐α, un meccanismo essenziale per la sopravvivenza della cellule epatiche.
Infine attiva il segnale MAPK, un altro processo che può portare alla morte degli epatociti [5].
Una ricerca del 2014 ha analizzato 172 campioni di radice e fusto (niente parte aerea) di kava tramite cromatografia su strato sottile ad alta prestazione (HPTLC), i risultati dimostrarono che il contenuto di flavokavaina B delle varietà nobili e medicinali era appena rilevabile, mentre risultò facilmente identificabile in P. wichmannii e tudei [6].
Ancora una volta le morti sono dovute all’avidità di chi trasforma la materia prima, le specie selvatiche crescono infatti molto più velocemente e hanno un costo davvero irrisorio all’ingrosso.
Inoltre l’impiego di solventi organici e tecniche di estrazione esaustiva, estranee al processo di preparazione della bevanda tradizionale, influiscono notevolmente sul contenuto di questi calconi.
I preparati acquosi hanno un rapporto kavalattoni/flavokavaina B di gran lunga più sicuro [5].

Una terza ipotesi molto accredita vuole che l’alta temperatura ed umidità tipica delle zone tropicali del Pacifico rende la materia prima facilmente prona alla muffa, specie se mal essiccata e conservata, con eventuale sviluppo di composti tossici per il fegato come le aflatossine [6].
Anche l’inibizione degli enzimi del citocromo epatico P450 potrebbe contribuire ai casi di tossicità da kava, incrementando notevolmente la tossicità di altri farmaci spesso assunti insieme alla radice.
A parte l’epatossicità il consumo cronico ed eccessivo è stato collegato anche a disturbi epidermici, cognitivi e muscolari di entità molto variabile.

FONTI

1)Dinh, Long Doan, et al. “Interaction of various Piper methysticum cultivars with CNS receptors in vitro.” Planta medica 67.04 (2001).

2)Nerurkar, Pratibha V., Klaus Dragull, and Chung-Shih Tang. “In vitro toxicity of kava alkaloid, pipermethystine, in HepG2 cells compared to kavalactones.” Toxicological Sciences 79.1 (2004).

3)World Health Organization. Assessment of the risk of hepatotoxicity with kava products. WHO Regional Office Europe, 2007.

4)Li, Xuesen, et al. “Dietary feeding of Flavokawain A, a Kava chalcone, exhibits a satisfactory safety profile and its association with enhancement of phase II enzymes in mice.” Toxicology reports 1 (2014).

5)Zhou, Ping, et al. “Flavokawain B, the hepatotoxic constituent from kava root, induces GSH‐sensitive oxidative stress through modulation of IKK/NF‐κB and MAPK signaling pathways.” The FASEB Journal 24.12 (2010).

6)Teschke, Rolf, Samuel X. Qiu, and Vincent Lebot. “Herbal hepatotoxicity by kava: update on pipermethystine, flavokavain B, and mould hepatotoxins as primarily assumed culprits.” Digestive and Liver Disease 43.9 (2011).

Lascia un commento

Shop
Sidebar
0 Wishlist
0 Cart

Dovete avere 18 anni per visitare questo sito.

Verificate la vostra età

- -