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L’ombelico di Venere, una pianta ormai dimenticata
INTRODUZIONE
L’ombelico di venere (Umbilicus rupestris) ha una lunghissima tradizione in erboristeria come antinfiammatorio ed analgesico anche se oggi non è più molto in voga.
ETNOBOTANICA
In Inghilterra nella contea di Dorset si usava portare un pezzo della pianta al collo come portafortuna.
Si metteva spesso sotto la suola delle scarpe per dare sollievo e combattere i calli da sfregamento.
L’erborista inglese Jonh Gerard ne elogiava l’applicazione locale contro infezioni della pelle, fuoco di San Antonio, tumori e qualsiasi disturbo infiammatorio epidermico.
Culpepper ne lodava le proprietà diuretiche e benefiche sui reni, oltre all’azione rinfrescante contro bruciori ed infiammazioni sia con il consumo interno che locale.
Veniva considerato un ottimo farmaco contro l’adenite tubercolare, una malattia infettiva dei linfonodi allora chiamata malanno dei re.
RICERCA SCIENTIFICA
Questa specie non è mai stata ben attenzionata dalla scienza moderna, ma uno studio del 2015 dimostra che le foglie sono hanno un alto potere antinfiammatorio.
Inoltre sono in grado di supportare la stabilizzazione della membrana degli eritroci in seguito all’emolisi sperimentalmente indotta e di inibire la migrazione dei leucociti contrastando lo sviluppo di peritonite o altre gravi patologie infiammatorie.
CONSIDERAZIONI PERSONALI
Personalmente non so se preferisco l’aloe o l’ombelico per il trattamento di bruciature, escoriazioni ed altre condizioni epidermiche in cui il fulcro del problema è dovuto all’infiammazione e al calore. Entrambi sono molto benefici. L’ombelico è molto efficace anche contro i geloni, stimola la circolazione e riduce i sintomi fastidiosi.
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