Cardo mariano: un miracoloso agente cellulo-rigenerante

FARMACOLOGIA

Il suo principio attivo è la silimarina, un insieme di flavolignani (silibina, silicristina e silidianina) dalle diverse attività farmacologiche.

Cardo mariano (Silybum Marianum)

Antiossidante :riduce l’attività della perossidazione lipidica, i radicali liberi e le specie reattive dell’ossigeno (ROS).
-Antinfiammatoria: blocca l’attivazione del fattore nucleare kB (NF-kb), inducendo la diminuzione di fattore tumorale-α (TNF-α), interferone (IFN- g), IL-2, eme ossigenasi (HO1) e sintetasi inducibile dell’ossido nitrico (iNos) [1].
Antiapoptotica: causa la sottoregolazione di recettore tirosin chinasico (Tnk2), caspasi 9, primo componente del complemento (C1) e citocromo c (cyt c); inducendo la contemporanea sovraregolazione di gene associato BAG4 ed antigene di proliferazione nucleare PCNA [2].
La silibinina agisce sulle molecole di segnalazione coinvolte nel processo di regolazione della transizione epitelio-mesenchimale (EMT), inibendo l’attivazione delle proteasi, l’adesione cellulare e la mobilità delle metastasi [3].

Gli estratti standardizzati a base di questo principio attivo sono impiegati anche nella moderna medicina convenzionale per il trattamento di diverse condizioni patologiche legate al fegato. Vengono sommInistrati anche come antidoto per l’avvelenamento da funghi.

BENEFICI SUL FEGATO
La silmarina stimola la rimozione delle tossine e la rigenerazione delle cellule epatiche: dati sperimentali dimostrano sia in grado di proteggere dai danni di paracetamolo [4], etanolo, arsenico [5] e tetracloruro di carbonio [6].

Stimola la stabilità delle cellule mastocitarie [7], inibendo contemporaneamente le cellule di Kuppfer [8], la migrazione dei neutrofili [9], la sintesi dei leucotrieni e la formazione di prostaglandine.

Gli autori ipotizzano che il complesso agisca come un antiossidante, detossificatore e regolatore del glutatione intracellulare; come uno stabilizzatore e regolatore della permeabilità cellulare degli epatociti; come un inibitore della conversione delle cellule stellate nei miofibroblasti così da impedire il deposito di fibre collagene nel fegato.
Influenza la composizione della membrana fosfolipidica inibendo la sintesi di colesterolo [10] ed alcuni fosfolipidi [11], migliorandone l’integrità e la resistenza allo stresse meccanico e chimico.
Incrementa la sintesi dell’rRNA attivando l’RNA polimerasi con conseguente aumento nelle produzione delle proteine strutturali e funzionali degli epatociti.
Il principale composto epatoprotettivo è la silibinina che inibisce la formazione di leuocotriene B4, un noto mediatore lipidico dell’infiammazione [12].

Uno studio a doppio-cieco effettuato su 141 soggetti affetti da epatite C ha dimostrato che la silmarina riduce i sintomi e migliora le condizioni generali di salute [13].
Un altra ricerca [14] ha testato l’effetto della sostanza (200 mg/kg) sulla steatoepatite non alcolica (NASH) per 5 settimane riportando grossi miglioramenti sul livello di steatosi, infiammazione, insulina e TNF-α.
In un altro lavoro sono emersi gli effetti antitrombotici della silmarina, ritarda la fibrosi delle cellule epatiche indotta dall’alcol [15].

BENEFICI SULLA VESCICA
La silimarina (420mg al giorno, per 30 giorni) riduce la concentrazione di colesterolo biliare bloccandone la sintesi [16].
Inoltre previene la colestasi indotta dagli estrogeni inibendo la fosfodiesterasi dell’AMP ciclico [17].
Per questo è in grado di alleviare i sintomi della ritenzione biliare.

Stimola la rigenerazione delle cellule renali e sembra ridurre gli effetti collaterali ed i sintomi dei pazienti in dialisi.
Agisce anche come un diuretico, ma non influenza l’equilibrio elettrolitico neanche agli alti dosaggi.

BENEFICI GASTROINTESTINALI
La silmarina ha un effetto protettivo sul colon: riduce perossidazione lipidica, citochine infiammatorie e stress ossidativo.

La somministrazione di questa sostanza in combinazione con l’acido ursodesossicolico (UDCA) ha ridotto il grado d’infiammazione intestinale e danni al colon inibendo NF-kb e l’infiltrazione dei neutrofili [18]

PREPARAZIONI
Le preparazioni più efficaci sono quelle che impiegano la pianta intera.
Questa viene raccolta durante il periodo della fioritura ed estratta subito in alcol per conservare al meglio tutte le sue proprietà.

-I semi sono la parte della pianta più ricca di silimarina. Non necessitano di particolari preparazioni, una volta polverizzati possono essere semplicemente incapsulati o aggiunti a yogurt e frullati.

-Le foglie e gli steli sono le parti più alimentari e meno farmacologiche, sono ricche di fibre, minerali e vitamine. Le foglie devono essere prima private delle spine, i fusti teneri invece si mettono a mollo in acqua e limone per perdere un po di amarezza ed evitare di ossidarsi.

-Anche le infiorescenze immature vengono impiegate principalmente a scopo alimentare: si raccolgono prima dell’apertura del fiore ed vengono usate come succedeaneo dei carciofini di Bruxelles.

-La radice è ricca di mucillagini, polisaccaridi e flavonoidi. Non viene tenuta in gran considerazione ma, anche se ha una concentrazione di silimarina inferiore rispetto ai semi, gode di notevoli proprietà farmacologiche. Viene solitamente estratta in alcol quando fresca.

FONTI
[1]Colturato, Carina Parisoto, et al. “Metabolic effects of silibinin in the rat liver.” Chemico-biological interactions 195.2 (2012): 119-132.
[2]Upadhyay, Ghanshyam, et al. “Involvement of multiple molecular events in pyrogallol-induced hepatotoxicity and silymarin-mediated protection: Evidence from gene expression profiles.” Food and Chemical Toxicology 48.6 (2010): 1660-1670.
[3]Deep, Gagan, and Rajesh Agarwal. “Antimetastatic efficacy of silibinin: molecular mechanisms and therapeutic potential against cancer.” Cancer and Metastasis Reviews 29.3 (2010): 447-463.
[4]Das, Suvadra, et al. “Silymarin nanoparticle prevents paracetamol-induced hepatotoxicity.” International journal of nanomedicine 6 (2011): 1291.
[5]Jain, Anshu, et al. “Therapeutic efficacy of silymarin and naringenin in reducing arsenic-induced hepatic damage in young rats.” Ecotoxicology and environmental safety 74.4 (2011): 607-614.
[6]Ozturk, M., et al. “Effect of Silybum marianum on acute hepatic damage caused by carbon tetrachloride in rats.” Biomedical Research 23.2 (2012).
[7]Fantozzi, Roberto, et al. “FMLP-activated neutrophils evoke histamine release from mast cells.” Agents and actions 18.1-2 (1986): 155-158.
[8]Dehmlow, Carola, Jochen Erhard, and H. E. R. B. E. R. T. de Groot. “Inhibition of Kupffer cell functions as an explanation for the hepatoprotective properties of silibinin.” Hepatology 23.4 (1996): 749-754.)
[9]De La Puerta, R., et al. “Effect of silymarin on different acute inflammation models and on leukocyte migration.” Journal of Pharmacy and Pharmacology 48.9 (1996): 968-970.
[10]Nassuato, G., et al. “Effect of Silibinin on biliary lipid composition experimental and clinical study.” Journal of hepatology 12.3 (1991): 290-295.
[11]Schriewer, H., and F. Weinhold. “The influence of silybin from Silybum marianum (L.) Gaertn. on in vitro phosphatidyl choline biosynthesis in rat livers.” Arzneimittel-Forschung 29.5 (1979): 791-792.
[12]Dehmlow, Carola, Jochen Erhard, and H. E. R. B. E. R. T. de Groot. “Inhibition of Kupffer cell functions as an explanation for the hepatoprotective properties of silibinin.” Hepatology 23.4 (1996): 749-754.
[13]Tanamly, M. D., et al. “Randomised double-blinded trial evaluating silymarin for chronic hepatitis C in an Egyptian village: study description and 12-month results.” Digestive and liver disease 36.11 (2004): 752-759.
[14]Haddad, Yara, et al. “Antioxidant and hepatoprotective effects of silibinin in a rat model of nonalcoholic steatohepatitis.” Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine 2011 (2011).
[15]Lieber, Charles S., et al. “Silymarin retards the progression of alcohol-induced hepatic fibrosis in baboons.” Journal of clinical gastroenterology 37.4 (2003): 336-339.
[16]Nassuato, G., et al. “Effect of Silibinin on biliary lipid composition experimental and clinical study.” Journal of hepatology 12.3 (1991): 290-295.
[17]Crocenzi, Fernando A., et al. “Silibinin prevents cholestasis-associated retrieval of the bile salt export pump, Bsep, in isolated rat hepatocyte couplets: possible involvement of cAMP.” Biochemical pharmacology 69.7 (2005): 1113-1120.
[18]Esmaily, Hadi, et al. “The correlation between NF‐κB inhibition and disease activity by coadministration of silibinin and ursodeoxycholic acid in experimental colitis.” Fundamental & clinical pharmacology 25.6 (2011): 723-733.

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